Catechesi per adulti – Scheda 3

LA CREAZIONE DELL’UOMO E IL SABATO (Gen 1,26-2,4a)

1. LA CREAZIONE DELLUOMO (Gen 1,26-31)

La creazione dell’uomo occupa un ampio spazio all’interno del capitolo e costituisce senza dubbio il vertice del racconto; può essere facilmente divisa in tre piccole parti, ciascuna delle quali è introdotta da “e Dio disse” Gen 1,26-27; 1,28; 1,29-31. Le domande di fondo che stanno dietro a questo testo sono molto semplici: chi siamo noi? a che cosa siamo destinati? A questa seconda domanda risponderà il brano seguente, dedicato al sabato.

a. “Facciamo l’uomo”: anche la creazione dell’umanità dipende dalla parola di Dio. Il verbo al plurale, “facciamo”, deve essere inteso come una forma grammaticale di carattere deliberativo: è in fondo ciò che accade anche a noi, quando ci troviamo da soli e diciamo: “Che facciamo?”. Dio si consulta solo con se stesso, non avendo bisogno di nessun altro con cui consigliarsi. L’uomo non è frutto del caso o del capriccio degli dèi!
“Uomo” è, nella lingua ebraica, il vocabolo ‘adam, che in questo caso indica non tanto l’uomo maschio (come sarà a partire da Gen 4,1, dove ‘adam verrà usato anche come nome proprio, Adamo), ma indica piuttosto l’essere umano, l’umanità. Questa umanità, dice il v. 27, viene creata “maschio” e “femmina”: l’uomo non è perciò un essere astratto, ma esiste concretamente come maschio e femmina; la coppia e la sessualità sono così il primo dono che Dio ha fatto all’umanità. Si noti, nel testo del v. 27, il passaggio dal singolare al plurale: “A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”. Dio crea l’umanità, ma questa non esiste se non nella differenziazione sessuale, che richiede perciò una relazione tra uomo e donna. La differenza sessuale non è così fonte di divisione, ma di comunione.

– Questo essere umano è creato “a nostra immagine e a nostra somiglianza”. Che cosa significa questa affermazione così importante?
Prima di tutto, essere immagine e somiglianza di Dio significa aver ricevuto la vita da lui; essere simili a lui, eppure non uguali. Il Sai 8,5 potrà così affermare: “Lo hai fatto di poco inferiore a un dio”. In questo modo il testo della Genesi afferma sia la dipendenza sia la relazione con Dio. L’uomo è capace di avere un rapporto diretto con il suo Creatore; su questo punto insisterà la tradizione cristiana, a partire soprattutto da Agostino; l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, è pertanto capace di amare Dio e di entrare in relazione con lui. In questo senso è vero ciò che scriveva Agostino: noverim me – noverim te, che io ti conosca perché io mi conosca. La conoscenza del mistero dell’uomo passa per quella del mistero di Dio e viceversa.
Ma c’è di più: nel vs 26 compare il verbo “dominare” al quale si aggiunge, nel v. 28, il verbo “soggiogare”; si tratta di verbi presi dal vocabolario che normalmente nella Bibbia ebraica riguarda i re. L’uomo riceve da Dio il compito di governare la terra; è cioè immagine e somiglianza di Dio nel senso che è una sorta di rappresentante divino nel mondo, il segno della presenza di Dio nel creato. L’uomo riceve da Dio la responsabilità di governare il mondo secondo la volontà del Creatore. La tradizione ebraica ha insistito molto sul fatto che l’uomo, immagine e somiglianza di Dio, deve comportarsi nel mondo come Dio si comporta. L’uomo non è chiamato a sfruttare il mondo, ma a lavorarvi secondo il progetto di Dio; è questo il senso della seconda parte del v. 28.

b. “Siate fecondi e moltiplicatevi”: la prima parola che Dio rivolge all’uomo non è tanto un comando, quanto piuttosto una benedizione (“Dio li benedisse e disse loro”), la seconda, dopo quella riservata agli animali. Applicata alla coppia umana, questa parola divina indica come, all’interno della coppia, i figli siano prima di tutto una benedizione, un segno dell’amore di Dio per l’uomo (cf. Sal 127,3). Il compito della coppia è accogliere e vivere con responsabilità questo dono: dare la vita!

c. I vv. 29-30 passano spesso inosservati; all’uomo appena creato Dio offre come cibo soltanto erbe del campo. Non si tratta di un invito a una dieta vegetariana: nel progetto della creazione è assente anche quel minimo di violenza necessaria per mantenersi in vita, l’uccisione degli animali (v. più avanti il testo di Gen 9,3-4).

– Il racconto della creazione dell’umanità termina con una variazione al ritornello che già conosciamo: “E Dio vide che era cosa molto buona/bella”. La creazione dell’uomo è così il vertice stesso dell’azione divina; l’uomo è davvero un prodigio divino (Sal 139,14: “Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio’; il testo di Gen 1 ci impedisce di avere dell’uomo, immagine e somiglianza di Dio, una visione pessimista.

2. IL SETTIMO GIORNO (Gen 2,1 -4a)

Tutto il racconto della creazione, che trova il suo vertice nella creazione dell’umanità, si conclude in realtà in modo inatteso: il riposo di Dio nel settimo giorno.
–  II settimo giorno è prima di tutto il giorno in cui la creazione è compiuta, in cui Dio “portò a termine il lavoro che aveva fatto”. In questo modo la Genesi intende affermare che il riposo non è in funzione del lavoro, ma piuttosto il contrario: il lavoro è in funzione del riposo. Il settimo giorno è così il giorno della libertà dalla schiavitù del “fare”; Dio non è schiavo della sua creazione. Il settimo giorno, in cui egli si riposa, è così una contestazione radicale di ogni mentalità umana basata sul lavoro e sul profitto.

– II settimo giorno è “benedetto”, cioè è ricco di vita, ed è “santificato”, cioè appartiene a Dio. Il settimo giorno è così un momento paradossale; il tempo in cui non si lavora è quello nel quale si produce di più. Nel settimo giorno l’uomo non si riposa per lavorare poi meglio; si riposa invece per entrare in rapporto con Dio. Il settimo giorno, infatti, è il giorno che appartiene a Dio.

– Si osservi che, a conclusione del racconto della creazione, manca la formula conclusiva che ci saremmo aspettati: “E fu sera e fu mattina, settimo giorno”. Il settimo giorno, infatti, non ha una fine; è proiettato verso il futuro. Riposarsi con Dio il settimo giorno significa comprendere che il senso della creazione sta proprio qui, nel vivere con Dio, come ha ben compreso l’autore della lettera agli Ebrei (si legga il testo di Eb 4,4-11). Entrare nel settimo giorno significa entrare nel tempo di Dio.

PER APPROFONDIRE

La tradizione ebraica ha legato il termine shabbat, “sabato”, al verbo qui utilizzato, shabat, “riposare”, “cessare di lavorare”. Il settimo giorno è divenuto così il “sabato”, che fin dall’epoca monarchica costituisce uno dei cardini dell’ebraismo. Nel testo del decalogo (Es 20,8-11) il precetto relativo al sabato è, non a caso, legato proprio a questo passo della Genesi.

Nel vangelo Gesù affronta spesso l’argomento del sabato; la polemica di Gesù non è mai diretta contro il giorno di festa in se stesso, ma contro una riduzione dei precetti relativi al sabato a pure usanze di carattere legalistico; perciò Gesù afferma che “non l’uomo è per il sabato, ma il sabato è per l’uomo” (Mc 2,27) e ne restaura così il pieno significato biblico.

In questo modo, l’ebraismo continua ad avere qualcosa da dire anche ai cristiani: il settimo giorno è ancora il giorno della libertà, del primato dell’essere sul fare, della lotta contro il lavoro ridotto a profitto e a schiavitù. Il settimo giorno è il giorno che appartiene a Dio (per i cristiani addirittura il dies dominicus, la Domenica, il “giorno del Signore”) e nel quale l’uomo si dedica al rapporto con il suo Creatore e con gli altri uomini. Sarebbe opportuno, a questo riguardo, rileggere ciò che scriveva nel 1998 papa Giovanni Paolo II nella lettera Dies Domini, sul valore della domenica per i cristiani.

PER RIFLETTERE INSIEME

1 Gen 1,26

L’uomo è l’unico essere fatto a immagine e somiglianza di Dio, il culmine della creazione. In cosa consiste l’essere a immagine di Dio? Quali conseguenze per la vita quotidiana dobbiamo trarre i da questa affermazione? La nostra esistenza è vissuta secondo questa consapevolezza? Quali I realtà ci fanno invece dubitare che tutti siano a immagine e somiglianza di Dio?

2 Gen 1,26

«In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Egli è l’immagine dell’invisibile Iddio” (Col 1,15), è l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio» (GS 22). Siamo stati creati a immagine di Cristo, a immagine dell’immagine di Dio, come dicono i Padri della chiesa. Riflettiamo sulla nostra identità a partire da Gen 1,26-31, riletto alla luce della persona di Gesù e di Col 1,15.

3 Gen 1,26b

“Domini sui pesci del mare e sugli uccelli del ciclo”. Dio da all’uomo un’investitura regale perché custodisca con sapienza e amore il creato. Questo testo è stato utilizzato per secoli per giustificare un dominio assoluto dell’ uomo sulla natura, mentre il termine ebraico che traduciamo con “dominare” indica il servizio del re per il bene del popolo. Come l’uomo di oggi può recuperare il suo ruolo “regale” nel creato? Le leggi statali e internazionali valorizzano e tutelano a sufficienza il patrimonio naturale o rischiano di favorire uno sfruttamento senza regole?

4 Gen 1,26b

“Oggi la conversione a Dio (metanoia) significa impegno a cercare soluzioni: alla divisione fra l’umanità e il resto della creazione; al dominio degli esseri umani sulla natura; a uno stile di vita e a modi di produzione che violano la natura; a un individualismo che viola l’integrità della creazione per perseguire interessi privati”. (Documento finale dell’assemblea ecumenica di Basilea! Pace, giustìzia e salvaguardia del creato, n. 45). Siamo a conoscenza di ciò che le chiese cristiane fanno per il bene del creato? Come comunità cristiana ci educhiamo reciprocamente a queste prospettive?

5 Gen 1,27−28

II racconto genesiaco ci mostra che la differenza sessuale è voluta e benedetta da Dio. Essa costituisce la prima e originaria differenza all’interno del genere umano. Insieme l’uomo e la donna nella loro specificità sessuale condividono l’immagine divina, la costituiscono e la manifestano. Siamo consapevoli che Dio ci chiama a vivere, costruire e promuovere la “comunione nella differenza sessuale”? Ci rendiamo conto che tale differenza è benedetta da Dio e che è una ricchezza da condividere e non un limite? Come possiamo personalmente e insieme favorire una cultura che rispetti e promuova le differenze sessuali? Quali tensioni e problemi sperimentiamo ogni giorno nei rapporti uomo-donna? Esiste una crisi della identità sessuale, della maschilità e della femminilità?

6 Gen 1,28 

“Li benedisse e disse loro”. La benedizione di Dio si rivolge personalmente all’uomo e alla donna insieme. Essa passa anche attraverso la capacità dell’uomo e della donna di moltiplicarsi e di partecipare insieme all’azione creatrice di Dio. Come coppia viviamo questo compito affidatoci
da Dio? Come favorire la corresponsabilità dell’uomo e della donna nella cura ed educazione dei figli? Cosa potremmo chiedere alle istituzioni civili  perché favoriscano una cultura della vita e della corresponsabilità uomo-donna?

7 Gen 1,29

“Io vi do ogni erba che produce seme…….saranno il vostro cibo”. Gli ecologisti segnalano che stiamo cambiando il mondo come non è mai stato cambiato prima. Recenti statistiche informano che l’uomo sta eliminando ogni anno dall’intero pianeta circa 30.000 specie di piante e animali. Nella chiesa si sollecitano scelte economiche e politiche tese a garantire il futuro di tutto il pianeta? Si parla nella comunità parrocchiale di questi problemi? Si affronta il tema della riduzione dei consumi e dello spreco del cibo? Perché, secondo la nostra esperienza, è così faticoso per noi uomini e donne del nostro tempo coltivare atteggiamenti e gesti di rispetto per la natura, la terra, i suoi frutti?

8 Gen 1,28

Nella Gaudium et Spes, facendo riferimento a Gen 1,28, si afferma che l’attività umana corrisponde al disegno di Dio il quale ha dato all’uomo il comando di sottomettere la terra e quanto essa contiene “per riportare a Dio se stesso e l’universo intero” (GS 34). Da cosa possiamo dire che nella nostra vita quotidiana viviamo con questa consapevolezza? Nello stesso documento conciliare al n. 36 si fa riferimento alla legittima autonomia delle realtà terrestri, riconoscendo che “le cose create (…) hanno leggi e valori propri, che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare”. Davanti a questi testi, quali comportamenti e atteggiamenti possiamo denunciare come errati?

9 Gen 2,1−4a

Nei Salmi si legge “Fermatevi, sappiate che io sono Dio” (Sal  46). Nella cultura attuale, come si accetta l’idea di un giorno che appartiene a Dio? Cosa facciamo abitualmente nei nostri giorni di ferie? Come possiamo recuperare l’idea di astenersi dal lavoro come momento di gratuità e di libertà?

10 Gen 2,3

L’uomo lavora per sei giorni, vivendo del proprio lavoro e partecipa così nel tempo alla creazione di Dio, diventa “concreatore” con Lui. Spesso oggi il lavoro è contro l’uomo, i ritmi, le condizioni di lavoro stressanti, la corsa al profitto ad ogni costo, impediscono all’uomo di vivere in armonia con se stesso e con gli altri. Noi cristiani come reagiamo di fronte a certe politiche che vanno contro la dignità dell’uomo? Ci distinguiamo o andiamo anche noi a fare acquisti la domenica? Rischiamo che la domenica sia un giorno più stressante degli altri? Siamo capaci in famiglia di dedicare durante la domenica qualche spazio alla riflessione silenziosa sulla Parola di Dio e all’accoglienza del riposo visto come un assaggio di eternità?

11  

Riflettere sul senso del sabato a partire dai seguenti due testi:

Dovremo essere capaci di restituire al giorno del Signore il suo carattere più vero, più proprio: il volto gioioso della vera festa. Probabilmente non basterà curare meglio la celebrazione eucaristica; e nemmeno punteggiare la giornata di momenti di preghiera e nemmeno fare visite ai conoscenti, ai malati, al cimitero. Tutto ciò è necessario, ma non basterà. È necessario tornare a “far festa”. E “festa” è letizia, volontà di stare insieme, gioia di parlarsi e di prolungare l’incontro, è convivialità, è condivisione, è riposo, è anche sano divertimento. Tutto ciò è autentico quando si radica nella gioia cristiana; nessuna festa è vera, se non si esprime nella letizia che viene dalla comunione con Dio, che edifica e sorregge la comunità ecclesiale, che è segno di speranza da dare al mondo (CEI, Il giorno del Signore, 40).

La parola qadosh, santo, viene usata per la prima volta nel libro della Genesi ed è estremamente significativo che essa venga applicata al tempo. Nel racconto della creazione a nessun oggetto nello spazio viene attribuito il carattere della santità. Per sei giorni alla settimana noi viviamo sotto la tirannia delle cose dello spazio; il sabato ci mette in sintonia con la santità nel tempo: in questo giorno siamo chiamati a partecipare a ciò che è eterno nel tempo, a volgerci dai risultati della creazione al mistero della creazione. Chi desidera entrare nella santità del giorno deve allontanarsi dallo stridore dei giorni dissonanti, dal nervosismo e dalla furia dell’acquisire.
Il sabato non è stato creato per far recuperare le energie perdute, ma è stato creato per amore della vita, il sabato non è un interludio, ma il culmine del vivere (A.J. Heschel).

Confronta anche il Catechismo degli Adulti La verità vi farà liberi:
nn. 365-367; 1015-1016 il valore dell’uomo